venerdì 27 maggio 2011

Patagonia senza dighe


Nella regione dell’Aysén, all'estremo sud della Patagonia cilena, è in corso un insensato progetto affaristico delle multinazionali dell'energia idroelettrica con alla testa l'italiana Enel. La regione è abitata da solo 100.000 persone di cui la metà a Coyhaique la capitale. È proprio la scarsità di abitanti che consente alle grandi imprese internazionali di agire indisturbate. Grazie al vescovo di origini friulane Luis Infanti de la Mora si è venuto a sapere dei progetti di espropriazione in atto dell'acqua bene comune. Come spiega de la Mora l’acqua è diventata lo strumento e il segno di nuova colonizzazione. Egli afferma:”La privatizzazione idrica discende da una politica neo-liberale estrema, una politica che la dittatura di Pinochet ha implementato, giustificandola nella Costituzione. I governi successivi, di centrosinistra, non hanno fatto che continuare a vendere le risorse del Paese. A Pascua Lama, nel Nord del Cile, una multinazionale canadese vuole addirittura spostare un ghiacciaio per prelevare l’oro sottostante… Il mercato non sopporta alcun limite.”

Il progetto avviato da Endesa, oggi proprietà dell'Enel, chiamato Hydoaysen prevede la costruzione di cinque dighe per produrre energia elettrica da trasportare al nord con un elettrodotto di oltre 2.200 km. Giusto per rendersi conto della distanza è come se una centrale nei pressi di Reggio Calabria trasportasse la sua energia a Parigi, vi sembra abbia un qualche senso tutto questo?

Lo scorso 21 maggio a Valparaiso c'è stata una grande protesta in occasione della visita del presidente cileno Sebastian Pinera repressa dalla polizia. Come uno stucchevole ritornello, ascoltato da ogni leader o capo dello stato asservito agli interessi delle grandi compagnie private, anche il presidente cileno ha ripetuto che quelle dighe sono necessarie per produrre l'energia di cui il Cile ha bisogno, non ha detto che l'energia non sarà gratis ma i cileni dovranno comprarla al prezzo che Enel-Endesa deciderà, e che i profitti andranno da tutt'altra parte.

Da un punto di vista territoriale il progetto trasformerà radicalmente l'ambiente, il clima, le condizioni di vita delle popolazioni e il loro libero accesso all'acqua. Dalle dighe partiranno degli elettrodotti con tralicci alti settanta metri per la cui costruzione si dovranno disboscare ettari di foresta e di zone selvagge. Non è accettabile che in nome dello sviluppo (ma quale sviluppo?) si continui a portare distruzione e oppressione a livello locale concentrando la ricchezza dei profitti in poche mani globali.

Ma è un progetto che nasce vecchio, non c'è alcun bisogno di grandi concentrazioni di energia, ogni territorio deve essere autonomo e produrre in modo diffuso l'energia di cui ha bisogno, questo tipo di opere fatte oggi ha un nome, rapina a mano armata.

Per restare informati http://patagoniasenzadighe.org/

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